Chiaia di luna, i Galano


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Percorso

All'inizio della discesa, sulla destra, si trova la casa in cui visse Luigi Silvestro Camerini; il giardino conserva alcune delle opere che realizzò: il gazebo, le aiuole, i capitelli scolpiti. Alla base del muro di contenimento, il Prato della Miseria che accoglieva i confinati nelle giornate di sole: leggevano, giocavano a dama (i giochi con le carte erano vietati) sotto lo sguardo vigile dei militi.
Qui abitò Altiero Spinelli. Nell'ultima casa sulla sinistra (oggi Piccolo Hotel Luisa) soggiornò Sandro Pertini e visse una storia d’amore con una ragazza di Ponza, Giuseppina. Sul terrazzo coltivava piante e curava una gattina a cui aveva dato nome Brichetto (in ligure: accendino) che affidò alla piccola Luisa Mazzella quando fu trasferito a Ventotene; il suo sguardo si posava sulla collina dei Guarini (di fronte), sul borghetto di via Amalfitano (verso Sant'Antonio).
Se pioveva, prendeva l'ombrello e usciva a fare quattro passi lungo la strada che porta ai Galano, giusto per far dispetto ai militi che lo sorvegliavano e che, essendo in divisa, non potevano usare l'ombrello.
A metà della collina dei Guarini, lungo la via Panoramica (costruita successivamente) si trova la casa a due piani in cui vissero Admeto Bittoni e la moglie Diva; qui concepirono la primogenita Clio, che avrebbe poi sposato Giorgio Napolitano. Nella casa si ritrovavano i comunisti dissidenti dell'ala bordighiana, in netto dissidio con i gramsciani; ne scrisse Otello Terzani.
In due case attigue di via Amalfitano vissero Camilla Ravera e Umberto Terracini. Procedendo verso destra si osserva l'ampia distesa della Padura, su cui affacciavano il dopolavoro e la mensa comunista più grande e meglio organizzata. Sulla sinistra di via Galano, di fronte alle scale che conducono in via Nuova, sorge casa Migliaccio, in cui soggiornarono alcuni confinati; qui aveva sede un'altra mensa.

Testimonianze


Luigi Silvestro Camerini (confinato): Non riesco a capacitarmi che ci siano le foche in libertà a portata di mano.
Pensa che quando sono sorprese in terra si difendono lanciando sassi. Come deve essere bello vederle uscire dal mare nell’interno delle grotte dove si riflette il chiarore lunare. E’ certo questa l’omerica Isola delle Sirene. Sono da associare alle foche, non ne dubito, ma il canto? Quello resta un mistero.
Alibi Island Ponza, 5 nov ‘42
Continuerò a scriverti più spesso io, poiché è lo scrivere che tiene compagnia in realtà assai più che il leggere ciò che ci viene indirizzato. Come già ho avuto occasione di scrivere non desidero affatto cambiare … residenza per nessuna ragione. Voglio essere lasciato qui dove non ho fatto poco per acclimatarmi e sistemarmi e mi trovo bene sotto tanti punti di vista. Qualsiasi spostamento anche temporaneo per non parlare di trasferimento mi risulterebbe sommamente sgradito per varie, ottime, essenziali ragioni. Ripetilo a sazietà a chi di dovere. Che non pensino di agire in questo senso. Mi raccomando. E che mi lascino stare!
A proposito oggi ho piantato il mio primo carrubo e il mio primo melograno nel mio piccolo giardino. Mi è stata portata una beccaccia , bien dodue ma foi! Vinicia mi ha portato dell'ottimo vino. Ho inventato una macedonia di frutta: melograni e fichi d'India con un vino speciale del luogo (Giancos) semipoudree di cannella e di zucchero. Eine uberdelicatesse! L'ho battezzato manzanilla (è un'altra cosa ma il nome le sta bene). Come vedi sono entrato nel periodo di intenso sfruttamento delle risorse locali. Robinson faceva qualcosa di meglio ma aveva il vantaggio di essere solo e di avere come sfondo la Genesi (questa terra maledeta dalla quale trarrai il nutrimento con fatica ... o qualcosa del genere).
Insula Pontia (l’isola d’Alto Mare) 18 ott ‘42
Mi sto occupando di filosofia e sto cercando di costruire un mio sistema che concili panteismo e materialismo. Il mio stanzino da bagno (semplice doccia) è quasi terminato.
Il terrazzino è venuto una meraviglia. Vi mangio nelle belle giornate. Best love for most affectionated quite proscript cousin Cetti

Camilla Ravera (confinata): I confinati alloggiavano in vecchi cameroni. A qualcuno era permesso affittarsi una camera, nei limiti, assai ristretti, dello spazio di confino. Tutte le confinate alloggiavano in camere d’affitto. Io, dopo una breve permanenza nell’alloggio della compagna Maria Baroncini, mi sistemai in una stanza a cui si arrivava con una breve scaletta esterna, di pietra, e che aveva a lato una terrazza affacciata su piccoli orti (…) Accanto a me abitava Terracini. Dalle nostre terrazze vicine, senza vederci, potevamo salutarci e scambiarci reciproche notizie. A breve distanza era alloggiato Pertini: anche lui disponeva di una terrazza, e ne aveva fatto un giardino, coltivandovi con cura amorosa, in bei vasi di coccio, molte pianticelle fiorite. Me ne regalò subito alcune, con le quali anch’io, come Terracini, avviai il mio giardinetto sulla terrazza. Fra Pertini e Terracini nacque, in quel campo, una vera gara. Arrivavo a quella stanza salendo la breve scaletta scavata nella roccia su cui la stanza poggiava. Qualche scalino più in alto c’erano i servizi igienici, semplificati al massimo, ma decenti. La stanza, poi, e questa era per me la sua maggiore attrattiva, aveva la terrazzina aperta sulla campagna intorno: povera di verde, con scarsi alberelli nani in quel suolo di pietra, ma pur sempre attraente e interessante a guardarsi, soprattutto quando alla mente risaliva l’immagine dell’alto finestrino rigato dalla duplice inferriata della cella di Perugia. Su quella terrazza i vasi di fiori, per le mie cure amorose, erano a poco a poco cresciuti di numero, varietà e bellezza.

Sandro Pertini (confinato):
Roma, 1952
Caro Luigi, puoi inviarmi due o tre bulbi di gigli rossi? Credo che questa sia la stagione propizia per il trapianto. Mi avevi parlato anche di un altro fiore prezioso, che avete costì e di cui non ricordo il nome. Comunque, a te mi rimetto. Per non far spese potresti inviarmi un pacco postale contrassegno e cioè a mie spese, qui al Senato (Palazzo Madama Roma). A te, alla tua compagna saluti fraterni. Sandro Pertini


Rosa Galano (ponzese): La moglie di un confinato mi insegnò a cucire, poi io aprii un mio laboratorio, frequentato da tante ragazze che facevano le apprendiste. Un giorno, la porta era aperta come al solito, qualcuno dall'esterno lancia qualcosa, rasoterra. Una delle ragazze si precipita a raccogliere: è un osso di seppia, intorno è avvolto un biglietto. Entra mia madre, a cui non sfugge nulla; ordina che le sia consegnato il corpo del reato, srotola il foglietto avvolto intorno all'osso di seppia, legge attentamente: "Rosa, io t'amo. Se anche tu m'ami come io t'amo, dammi risposta". Mia madre è indignata: come si permette uno sconosciuto di lanciare simili messaggi in casa sua? Non sa che è vietato avere a che fare con i confinati? Vuole forse mettere nei guai la sua famiglia? Mia madre riavvolge il foglietto intorno all'osso di seppia, si china, studia la traiettoria, lancia rasoterra verso la strada: "Eccola qua, la risposta!" scandisce a voce alta, affinché chi è nei paraggi senta e mai più riprovi.


Maria Amelia Cuono (ponzese): Mia sorella Vinicia era bravissima e intelligentissima, doveva assolutamente proseguire gli studi ma, qui a Ponza, c'erano solo le elementari. Mio padre era emigrato in America, mia madre viveva con i genitori; la mia famiglia aveva i mezzi per mantenere Vinicia in collegio ma eravamo in guerra, non avevamo contatti con nessuno in terraferma, far proseguire gli studi a Vinicia sembrava un'impresa impossibile. Il duca Camerini si prodigò in tutti i modi, trovò, tramite suoi parenti, un ottimo collegio a Roma e lì Vinicia studiò. Mia madre e i nonni spesso mi mandavano a casa del duca con un cesto di fichi e uva; io andavo con piacere perchè la sua governante, Tina, preparava un'ottima torta con la crema di riso. Mi sedevo incantata sotto al gazebo che il duca aveva costruito: era il primo che vedevo.


Filomena D'Arco Schiano (ponzese): Una volta stavo pettinando mia nipote Civitina, che aveva una bella massa di capelli ricci. Eravamo alla finestra della casa di mia sorella Maria, sul corso. Mentre intrecciavo un nastro rosso tra i capelli della bambina, ci pombarono addosso le donne di casa, terrorizzate; chiusero le tende, mi rimproverarono: "Filome', sì asciuta pazza? Vuoi farci passare un guaio con i militi? Penseranno che il nastro rosso sia un segno di simpatia verso i confinati!". Ecco, così vivevamo negli anni del confino. Ricordo Torrigiani, il capo della Massoneria: un signore distinto, riservato, che abitava in una delle prime case di via Corridoio e aveva un balconcino che affacciava sopra la trattoria di Silverio Mondiale (La Lanterna). I militi si mettevano sotto al balconcino e cantavano: "Con i baffi di Torrigiani /ci faremo spazzolini/ per pulire gli stivali/ di Benito Mussolini".


Luisa Mazzella Musco (ponzese): Pertini era di famiglia benestante, riceveva pacchi di viveri dalla Liguria. Quando iniziò la storia d'amore con mia cugina Giuseppina, mi incaricava di portare ambasciate e, come ricompensa, mi dava manciate di caramelle. Viziava anche un gattino che aveva chiamato Brichetto, che in ligure significa accendino; quando partì per Ventotene, nel '39, me lo affidò. Pertini era dispettoso più di una scimmia. Era considerato pericoloso, quindi era tenuto costantemente sotto controllo dai militi; quando pioveva, Pertini prendeva l'ombrello e andava a fare un giretto; i militi erano costretti a seguirlo ma, essendo in divisa, non potevano utilizzare l'ombrello. Appena spioveva, li vedevamo tornare: Pertini elegante come al solito e asciutto, i militi inzuppati. Se riprendeva a piovere, la scena si ripeteva.


Lucia Migliaccio Greca (ponzese): Nell'estate del '43 il duca Camerini frequentava la figlia di Zaniboni: passeggiavano, andavano a fare i bagni a Chiaia di Luna; caduto il fascismo, lui era oramai un cittadino libero. Se stavano insieme, non so, i confinati stavano sempre tra di loro, non frequentavano i ponzesi. Noi avevamo paura di avere a che fare con loro, i fascisti ci avrebbero preso di mira. E loro, perché avrebbero dovuto parlare con noi? Di cosa avremmo parlato? La maggior parte di noi non sapeva dire due parole in italiano, saltavamo dal lei al voi al tu ... che tipo di conversazione ci sarebbe potuta essere, tra noi?